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In cosa consiste la sanificazione no-touch

In cosa consiste la sanificazione no-touch

A cosa si fa riferimento quando si parla di sanificazione no-touch? Per rispondere a questa domanda è necessario fare una premessa.

Nel corso degli ultimi decenni molte delle convinzioni – e delle conseguenti norme – relative all’igiene e alla trasmissione di batteri e microrganismi sono cambiate, migliorando in modo sostanziale la sanificazione degli ospedali e la salute di pazienti e personale.

In passato, infatti, vari studi rifiutavano l’ipotesi che l’ambiente inanimato in ospedale potesse rappresentare un pericolo per la trasmissione delle infezioni.

Negli ultimi 10 anni, invece, sono state numerose e sostanziali le evidenze scientifiche a dimostrare esattamente il contrario, ovvero che la contaminazione delle superfici intorno all’unità di degenza svolge un ruolo importante nella trasmissioni di microrganismi, in particolare i seguenti:

  • Staphylococcus aureus (MRSA);
  • Enterococcus resistente alla vancomicina (VRE);
  • Clostridium difficile;
  • Acinetobacter;
  • Noravirus.

La letteratura scientifica più recente sottolinea la resistenza di questi microrganismi, che possono proliferare negli ambienti contaminati anche per mesi dopo le dimissioni del paziente infetto.

Gli effetti di una sanificazione inadeguata

Tutto questo portò ad una nuova consapevolezza: le superfici inanimate e gli ambienti nei quali si svolge la degenza dei pazienti non venivano sanificati in modo adeguato.

Si iniziò, così, a mettere in relazione i fattori, ad esempio il contagio tra un ex paziente infetto e un nuovo paziente che si trova a utilizzare gli stessi ambienti del precedente non sanificati, portando alla luce il problema.

La sanificazione ambientale poteva e doveva subire un drastico miglioramento, per ridurre i casi di contagio e la diffusione di patogeni nel corso del tempo.

Ecco che entra in campo la sanificazione no-touch. Vediamo insieme in cosa consiste.

Cos’è la sanificazione no-touch

Una sanificazione delle superfici inanimate e degli ambienti efficace deve cercare di ridurre al minimo le contaminazioni esterne, oltre a riuscire a raggiungere punti difficili da pulire manualmente.

Per questo è preferibile investire su sistemi di sanificazione no-touch, che effettuano la disinfezione in maniera automatica, senza l’intervento di nessun operatore, soprattutto nelle pulizie terminali alla dimissione del paziente.

La sanificazione no-touch può essere effettuata attraverso l’impiego di:

  1. vapore acqueo;
  2. perossido di idrogeno vaporizzato;
  3. emissione di raggi UV.

La sanificazione no-touch, quindi, consiste in un trattamento biocida, finalizzato alla distruzione di batteri, virus, muffa e spore presenti nell’ambiente contaminato.

Infezioni correlate all’assistenza: pulizia e sanificazione degli ospedali

Infezioni correlate all’assistenza: pulizia e sanificazione degli ospedali

Le infezioni correlate all’assistenza sanitaria (ICA) sono quelle contratte dai pazienti durante la degenza, quindi mentre ricevono le cure in una struttura sanitaria, e rappresentano un evento molto frequente, diffuso in tutto il mondo e di difficile risoluzione.

Per intervenire in modo efficace, infatti, è necessaria la collaborazione di tutte le strutture sanitarie, le quali dovrebbero raccogliere e analizzare i dati relativi all’insorgenza di queste infezioni, per avere un quadro ampio e completo.

Purtroppo, come si può facilmente intuire, i sistemi di sorveglianza messi in campo per contrastare queste ICA esistono solo in alcuni Paesi maggiormente sviluppati e dotati di maggiori risorse economiche, mentre risultano praticamente inesistenti in altri Paesi.

I dati dell’OMS

I dati contenuti nel primo rapporto globale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, tramite le analisi condotte dal Centro Europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (ECDC), ci dicono che le ICA provocano:

  • un prolungamento della durata di degenza;
  • disabilità a lungo termine;
  • aumento della resistenza dei microrganismi agli antibiotici;
  • un carico economico aggiuntivo per i sistemi sanitari e per i pazienti e le loro famiglie e una significativa mortalità in eccesso.

Questo si traduce in numeri molto drammatici:

  • 16 milioni di giornate aggiuntive di degenza ogni anno;
  • 37.000 decessi attribuibili ad un’infezione correlata all’assistenza;
  • 110.000 decessi per i quali l’infezione rappresenta una concausa;
  • 7 miliardi di Euro di spesa.

Tutto questo, solo in Europa.

Negli USA il tasso di incidenza delle ICA si aggira intorno al 4,5 %, ovvero 1,7 milioni di pazienti affetti.

Cause primarie di ICA

Le infezioni correlate all’assistenza sono il risultato dell’introduzione, nella medicina moderna, di dispositivi cosiddetti invasivi, che, se utilizzati sui pazienti, possono provocare infezioni anche gravi.

Quali sono questi dispositivi invasivi?

I più diffusi, analizzati anche in uno studio nazionale di prevalenza, sono i seguenti:

  • catetere venoso periferico – PVC;
  • catetere venoso centrale – CVC;
  • catetere urinario o intubazione.

Si tratta di dispositivi importanti e ampiamente impiegati in medicina, infatti, il giorno dello studio menzionato prima, circa 9.888 pazienti, pari al 66,9%, erano portatori di almeno uno di questi dispositivi invasivi.

Non è un caso, quindi, che la maggior parte delle ICA interessi il tratto urinario (statisticamente le più frequenti, circa 35-40% del totale), l’apparato respiratorio, le ferite chirurgiche e le infezioni sistemiche.

A questi dispositivi bisogna aggiungere altri strumenti e tecnologie impiegate in sala operatoria durante gli interventi chirurgici.

A peggiorare la situazione la sempre più diffusa resistenza agli antibiotici di ceppi di batteri, a causa dell’impiego eccessivo di questi trattamenti farmacologici sui pazienti, anche al di fuori delle strutture ospedaliere.

Trasmissione e prevenzione delle ICA

Come accennato, a contrarre queste infezioni correlate all’assistenza sono principalmente gli assistiti, ovvero i pazienti durante la degenza, ma possono colpire anche i visitatori e il personale operante nelle strutture.

Secondo i dati raccolti fino a questo momento, non è possibile prevenire queste infezioni in modo totale, ma le stime parlano di una quota pari al 40% di ICA evitabili attraverso alcune misure contenitive.

Quali sono queste misure:

  • lavaggio corretto delle mani;
  • riduzione delle procedure diagnostiche e terapeutiche non necessarie;
  • corretto uso degli antibiotici e dei disinfettanti;
  • rispetto dell’asepsi nelle procedure invasive;
  • controllo del rischio di infezione ambientale;
  • protezione dei pazienti con utilizzo appropriato della profilassi antibiotica;
  • somministrazione delle vaccinazioni raccomandate, ai pazienti e agli operatori sanitari;
  • attività di sorveglianza delle infezioni;
  • identificazione e controllo delle epidemie.

Un ruolo fondamentale nella prevenzione delle infezioni correlate all’assistenza è ricoperto dalla sterilizzazione dei presidi ospedalieri, tramite l’intervento di pool specializzati nella sanificazione degli ambienti, dalle sale operatorie alle camere di degenza, passando per le aree comuni e quelle di transito.